Tesine su
Novità legislative e giurisprudenziali
 


Novità legislative 2011-12


Legge 3  febbraio 2011, n. 4

Disposizioni in materia di etichettatura e di qualità dei prodotti alimentari

Disposizioni rilevanti per il settore penale:

legge 11 aprile 1974, n. 138 (Nuove norme concernenti il divieto di ricostituzione del latte in polvere per l’alimentazione umana)

- modifiche artt. 6

Legge 25 novembre 1971, n. 1096 e successive modifiche (Disciplina della attività sementiere)

- modifica articolo 31-32-33-35 (sanzioni amministrative al fine di rafforzare l'azione di repressione delle frodi alimentari e di valorizzare le produzioni di qualità italiane)

Legge 13 novembre 1960, n. 1407 (Norme per la classificazione e la vendita degli oli di oliva)

- modifica art. 8 (aggiornamento sanzione amministrativa)

Legge 15 febbraio 1963, n. 281, (Disciplina della preparazione e del commercio dei mangimi)

- modifiche artt. 22 – 23 (sanzioni amministrative)



D.lgs. 24 marzo 2011, n. 50

Attuazione dei Regolamenti (CE) numeri 273/2004, 111/2005 e 1277/2005, come modificato dal Regolamento (CE) n. 297/2009, in tema di precursori di droghe, a norma dell’articolo 45 della legge 4 giugno 2010, n. 96

Disposizioni rilevanti per il settore penale

Legge 309/90 (T.U. stupefacenti)

- sostituzione art. 70 (precursori di droghe)

Legge 16 marzo 2006, n. 146 (Ratifica ed esecuzione della Convenzione e dei Protocolli delle Nazioni Unite contro il crimine organizzato transnazionale, adottati dall'Assemblea generale il 15 novembre 2000 ed il 31 maggio 2001)

- aggiunta all’art. 96 delle parole ‘art. 70, commi 4, 6 e 10’.



D.Lgs. 11 aprile 2011, n. 54

Attuazione della direttiva 2009/48/CE sulla sicurezza dei giocattoli

Disposizioni rilevanti per il settore penale.

- art. 31 d.lgs.(contravvenzioni punite con arresto e ammenda)



Legge 21 aprile 2011, n. 62

Modifiche al codice di procedura penale e alla legge 26 luglio 1975, n. 354, e altre disposizioni a tutela del rapporto tra detenute madri e figli minori

Disposizioni rilevanti per il settore penale:

Cod. proc. pen.

- artt. 275, 284 e 285-bis;

Legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario e sull'esecuzione delle misure privative e limitative della libertà)

- art. 21-ter, 47-ter, 47-quinquies



Legge 14 giugno 2011, n. 95

Ratifica ed esecuzione della Convenzione di Oslo sulla messa al bando delle munizioni a grappolo, fatta a Dublino il 30 maggio 2008, nonchè norme di adeguamento dell'ordinamento interno

Disposizioni rilevanti per il settore penale

- art. 7: ipotesi di nuova incriminazione per ‘chiunque impiega, fatte salve le disposizioni di cui all'articolo 3, comma 3, sviluppa, produce, acquisisce in qualsiasi modo, stocca, conserva o trasferisce, direttamente o indirettamente, munizioni a grappolo o parti di esse, ovvero assiste anche finanziariamente, incoraggia o induce altri ad impegnarsi in tali attività, e' punito con la reclusione da tre a dodici anni e con la multa da euro 258.228 a euro 516.456’.



D.l. 23 giugno 2011, n. 89

Disposizioni urgenti per il completamento dell'attuazione della direttiva 2004/38/CE sulla libera circolazione dei cittadini comunitari e per il recepimento della direttiva 2008/115/CE sul rimpatrio dei cittadini di Paesi terzi irregolari

Disposizioni rilevanti per il settore penale:

Cod. proc. pen.:

- modifica disp. Att. cod. proc. pen., art. 183-ter

D.lgs. 25 luglio 1998, n. 28 (T:U. immigrazione)

- modifica artt. 10bis (ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato), 13 (espulsione amministrativa) e 14 (esecuzione dell’espulsione): in base alle modifiche, il provvedimento di espulsione è adottato dal prefetto «caso per caso». Inoltre, è colmata una lacuna della disciplina previgente, precisando che l’espulsione non può essere né disposta né eseguita coattivamente nei confronti dello straniero già destinatario di un provvedimento di espulsione sorpreso all’uscita dal territorio nazionale ai controlli di frontiera.



D.Lgs. 7 luglio 2011, n. 121

Attuazione della direttiva 2008/99/CE sulla tutela penale dell'ambiente, nonche' della direttiva 2009/123/CE che modifica la direttiva 2005/35/CE relativa all'inquinamento provocato dalle navi e all'introduzione di sanzioni per violazioni

Diposizioni rilevanti per il settore penale

Codice penale

- introduzione art. 727-bis c.p. (Uccisione, distruzione, cattura, prelievo, detenzione di esemplari di specie animali o vegetali selvatiche protette)

- introduzione dell’art. 733-bis (Distruzione o deterioramento di habitat all'interno di un sito protetto)

D.lgs. 231/01 (resp. amministrativa persone giuridiche)

- introduzione dell’art. 25-decies al d.lgs. 231/01 (Induzione a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci all'autorità giudiziaria)

- introduzione dell’art. 25-undecies al d.lgs. 231/01 (Reati ambientali)

D. lgs. 152/2006 (T.U. ambiente)

Modifiche artt. 617, 190, 39, all’art. 260-ter; aggiunta dei commi 9-bis e 9-ter dell’art. 260-bis.



Legge 2 agosto 2011, n. 129

Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 23 giugno 2011, n. 89, recante disposizioni urgenti per il completamento dell'attuazione della direttiva 2004/38/CE sulla libera circolazione dei cittadini comunitari e per il recepimento della direttiva 2008/115/CE sul rimpatrio dei cittadini di Paesi terzi irregolari.

Disposizioni rilevanti per il settore penale:

- vedi sub d.l. 23 giugno 2011; unica modifica in sede di conversione da segnalare attiene comma 7 dell’art. 1, la quale aggiunge e chiarisce all’art. 147 t.u. immigrazione che «il periodo di trattenimento disposto dal nuovo provvedimento è computato nel termine massimo per il trattenimento».



D.L. 13 agosto 2011, n. 138

Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione e lo sviluppo

Disposizioni rilevanti per il settore penale

Codice penale

- introduzione art. 603-bis (intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro)

- introduzione art. 603-ter (pene accessorie)

D. lgs. 152/2006 (T.U. ambiente)

- Abrogazione del sistema di tracciabilità dei rifiuti (c.d. sistema sistri) e cancellazione art. 260 bis (regime sanzionatorio ad hoc per la violazione del sistema Sistri).



Legge 14 settembre 2011, n. 148

Conversione, con modificazioni, del d. l. 13 agosto 2011, n. 138, recante  “Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione e lo sviluppo”

Disposizioni rilevanti per il settore penale:

Codice penale (modifiche marginali e di dettaglio rispetto al d.l.):

- introduzione art. 603-bis (intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro)

- introduzione art. 603-ter (pene accessorie)

D. lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (T.U. ambiente):

- reinserimento della tracciabilità dei rifiuti (sistema Sistri) artt. 258 e 260-bis (sistema sanzionatorio).

D. lgs. 10 marzo 2000, n. 74 (sistema penale tributario)

- artt. 2 e 8 (abrogazione dei relativi commi terzi, che prevedevano una diminuzione di pena rispettivamente per il reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti e emissione di fatture inesistenti, a seconda dell’ammontare di elementi passivi fittizi esposti), 3 (reato di dichiarazione fraudolenta mediante artifici, abbassamento della soglia relativa all’entità dell’imposta evasa, sia a quella riferita all’ammontare complessivo degli elementi attivi sottratti all’imposizione), 4 (dichiarazione infedele, abbassamento sia della soglia rappresentata dall’imposta evasa, sia la soglia data dall’ammontare complessivo degli elementi attivi sottratti all’imposizione), 5 (reato omessa dichiarazione, la  soglia di punibilità costituita dall’imposta evasa è stata più che dimezzata), 12 (inserimento di un comma 2-bis relativo alla sospensione condizionale della pena prevedendo due casi di esclusione) e 13 (inserimento di un comma 2-bis il quale prevede, per tutti i delitti considerati dal citato testo normativo, che il patteggiamento  ex art. 444 c.p.p. possa essere chiesto «solo qualora ricorra la circostanza attenuante di cui ai commi 1 e 2», ovvero, in altri termini, quando, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento, venga effettuato il pagamento ad estinzione dei debiti tributari conseguenti alle condotte illecite).


Novità giurisprudenziali 2011-12


Sentenze Corte di Giustizia UE e CEDU


Corte di Giustizia UE, 28 aprile 2011, El Dridi

Spazio di libertà, di sicurezza e di giustizia – Direttiva 2008/115/CE – Rimpatrio dei cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare – Artt. 15 e 16 – Normativa nazionale che prevede la reclusione per i cittadini di paesi terzi in soggiorno irregolare in caso di inottemperanza all’ordine di lasciare il territorio di uno Stato membro. Incompatibilità della norma sul reato di clandestinità, il quale sanziona con la pena della reclusione da uno a quattro anni gli immigrati irregolari presenti sul territorio italiano con la direttiva rimpatri 2008/115/CE.

La Corte ha ritenuto ha ritenuto la diretta applicabilità delle disposizioni contenute negli artt. 15 e 16 della direttiva 2004/38/CE sulla libera circolazione dei cittadini comunitari e ed ha considerato l’art. 14, comma 5-ter T.U. immigrazione incompatibile con le stesse e dunque da disapplicare.

http://www.prospettivalegale.it/images/stories/giurisprudenza/cortegiustizia.pdf



Camera, sentenza 4 novembre 2010, ricorso n. 42502/06, Muminov c. Russia

Equa soddisfazione (art. 41 CEDU) – danni non patrimoniali – forza vincolante ed esecuzione delle sentenze definitive (art. 46 CEDU) – esecuzione sentenza di equa soddisfazione – misure individuali. La sentenza affronta il problema della perdita di contatto con uno straniero estradato verso l’Uzbekistan (e vittima di violazioni degli artt. 3, 5 e 13 CEDU), oltre che con il suo rappresentante. Dalla sentenza emerge la preoccupazione della Corte di assicurare il pagamento effettivo della somma accordata a titolo di equa soddisfazione, ingiungendo (nel dispositivo) allo Stato convenuto di facilitare i contatti tra il ricorrente ed il Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa, nonché i contatti tra il suo rappresentante di fronte alla Corte ed ogni persona abilitata a rappresentarlo nella procedura di esecuzione.

http://www.osservatoriocedu.it/Database/Sentenze/Muminov%20c%20Russia%20sen.pdf



Camera, sentenza 28 ottobre 2010, ricorso n. 40080/07, Fawsie c. Grecia

Diritto al rispetto della vita familiare (art. 8 CEDU) – divieto di discriminazione (art. 14 CEDU) – rifugiati – assistenza sociale – distinzioni basate sull’origine nazionale. La sentenza ha ad oggetto il rifiuto delle autorità di accordare ad una donna siriana, regolarmente residente in Grecia e con status di rifugiata politica, un sussidio per madri di famiglie numerose. Il rifiuto era stato motivato dal fatto che né la ricorrente né i suoi figli avevano la nazionalità greca o la nazionalità di uno degli Stati membri dell’Unione europea. Si tratta della prima sentenza di violazione dell’art. 14 CEDU, letto in congiunzione con l’art. 8 CEDU, in cui la Corte si pronuncia sulla delicata questione dei sussidi sociali a famiglie di stranieri che godono dello status di rifugiati. Ad analoghe conclusioni la Corte è giunta nella sentenza 28 ottobre 2010, ricorso n. 40083/07, Saidoun c. Grecia.

http://www.osservatoriocedu.it/Database/Sentenze/Fawsie%20c%20Grecia%20sen.pdf



Camera, 2 settembre 2010, ricorso n. 35623/05, Uzun c. Germania

Diritto al rispetto della vita privata e familiare (art. 8) – ingerenza – previsione di legge – prevedibilità, accessibilità e garanzie contro gli abusi – necessità in una società democratica – proporzionalità – diritto a un processo equo (art. 6). Il caso riguarda la sorveglianza, da parte della polizia su ordine della procura della Repubblica, di un militante di estrema sinistra sospettato di aver partecipato a degli attentati, grazie all’installazione di un’emittente di segnali GPS nella macchina dell’interessato. Per la prima volta la Corte ha esaminato la questione di una sorveglianza di questo tipo, concludendo che il controllo tramite GPS è differente rispetto ad altri metodi acustici o visivi, cosa che l’ha portata a ritenere che i criteri, relativamente restrittivi, adottati dalla sua pregressa giurisprudenza in materia di sorveglianza delle telecomunicazioni (cfr. Weber e Saravia c. Germania, decisione del 29 giugno 2006, n. 54934/00; Liberty e Altri c. Regno Unito, sentenza del 1° luglio 2008, n. 58243/00; Kennedy c. Regno Unito, sentenza del 18 maggio 2010, n. 26839/05) non possano applicarsi all’ingerenza causata dal GPS, giudicata meno invasiva. Essa ha quindi giudicato sufficiente, ai fini dell’art. 8 CEDU, la protezione legale contro gli abusi, garantita da un controllo giudiziario a posteriori nell’ambito della procedura penale di merito.

http://www.osservatoriocedu.it/Database/Sentenze/Uzun%20c%20Germania.pdf



Camera, 1 luglio 2010, ricorso n. 25551/05, Korolev c. Russia

Diritto di accesso ad un giudice (art. 6, par. 1, CEDU) – diritto al rispetto dei beni (art. 1 del Protocollo n. 1) – assenza di pregiudizio significativo (art. 35, par. 2, lett. b, CEDU) – irricevibilità del ricorso. Il caso concerneva la non-esecuzione di una sentenza resa dalle giurisdizioni interne che ordinava il rimborso delle spese di giustizia, che ammontavano a meno di un euro. E’ la seconda decisione, dopo Ionescu c. Romania (decisione del 1° giugno 2010, n. 36659/04) in cui la Corte ha rigettato un caso per “assenza di pregiudizio significativo”, in applicazione del nuovo criterio di ricevibilità introdotto dal Protocollo n. 14. Essa ha sviluppato una motivazione più estesa quanto alle garanzie stabilite dall’art. 35 § 3 b) CEDU, facendo riferimento ai lavori preparatori ed al “piano di azione d’Interlaken”. La Corte ha precisato che anche violazioni commesse da una giurisdizione di ultima istanza possono ricadere nell’ambito del nuovo art. 35 § 3 b) CEDU e che la percezione soggettiva di un ricorrente deve essere giustificabile “on objective grounds”.

http://www.osservatoriocedu.it/Database/Decisioni/Korolev%20c%20Russia%20dec.pdf


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Corte costituzionale


Corte costituzionale, sentenza 8 luglio 2010, n. 249

Sull’illegittimità della circostanza aggravante comune dell’art. 61, n. 11-bis, “l’avere il colpevole commesso il fatto mentre si trova illegalmente nel territorio dello Stato”, per violazione degli artt. 3, 27, Cost. La Corte ritiene, innanzitutto, che il rigoroso rispetto dei diritti inviolabili implichi l’illegittimità di trattamenti penali più severi fondati su qualità personali dei soggetti che derivino dal precedente compimento di atti del tutto estranei al fatto-reato. Lo stesso principio di uguaglianza, in effetti, non tollera discriminazioni fra la posizione di cittadino e quella di straniero, posto che le condizioni personali e sociali rientrano nei sette parametri esplicitamente menzionati dall’art. 3 Cost. Né può essere ritenuta sufficiente la finalità di contrastare l’immigrazione illegale, considerando più gravi i comportamenti degli stranieri irregolari rispetto ad identiche condotte poste in essere dai cittadini italiani o comunitari. Inoltre, l’introduzione del reato di immigrazione clandestina, ha posto le premesse per duplicazioni o moltiplicazioni sanzionatorie, tutte originate dalla qualità acquisita con un’unica violazione delle leggi sull’immigrazione. La ratio sostanziale della norma censurata si risolve in un’inaccettabile presunzione generale ed assoluta di maggiore pericolosità dell’immigrato irregolare, che si riflette sul trattamento sanzionatorio di qualunque violazione di legge penale.



Corte costituzionale, sentenza 8 luglio 2010, n. 250

Dichiarazione di infondatezza della questioni di illegittimità del reato di Ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato, art. 10-bis D. lgs. 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), aggiunto dall’art. 1, comma 16, lettera a), della legge 15 luglio 2009, n. 94 (Disposizioni in materia di sicurezza pubblica). La norma è sospettata di incostituzionalità sotto molteplici profili, tutti puntualmente disattesi dalla Corte: per violazione degli artt. 2, 3, 24, 25/2, 97 Cost. In particolare, l’art. 25/2 risulterebbe leso in quanto la disposizione sanzionerebbe penalmente una particolare condizione personale e sociale . quella di straniero “clandestino”, derivante dalla mera violazione delle norme che disciplinano l’ingresso ed il soggiorno nel territorio dello Stato, e non già la commissione di un fatto offensivo di un bene costituzionalmente protetto. Tale  vulnus non sarebbe riscontrabile ad avviso della Corte: «oggetto dell’incriminazione non è un modo di essere della persona, ma uno specifico comportamento trasgressivo di norme vigenti.».



Ordinanza del 16 dicembre 2010 – dep. 5 gennaio 2011, n. 3

Dichiarazione di manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionali dell’art. 10-bis d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286 (T.U. immigrazione), in riferimento agli artt. 2, 3, 10, 13, 252 e 3, 27, 97, 117 Cost.


Corte costituzionale, 13 gennaio – 25 gennaio 2011, n. 23

Dichiarazione di illegittimità costituzionale dell’art. 14, legge 7 aprile 2010, n. 51 (Disposizioni in materia di impedimento a comparire in udienza) e dell’art. 13 legge 7 aprile 2010, n. 51 nella parte in cui non prevede che il giudice valuti in concreto, a norma dell’art. 420-ter1 c.p.p. l’impedimento addotto.

La questione riguardava la previsione di specifiche ipotesi di legittimo impedimento a comparire in udienza da parte del Presidente del Consiglio e dei Ministri imputati nell'ambito di procedimenti penali. Tali ipotesi, tra l'altro, erano relative al “concomitante esercizio di una o più delle attribuzioni previste dalle leggi o dai regolamenti […], delle relative attività preparatorie e consequenziali, nonché di ogni attività comunque coessenziale alle funzioni di Governo” (art. 1, commi 1 e 2). Di fronte all'attestazione, da parte dell'imputato, di tale eventuale concomitanza, il giudice doveva disporre il rinvio del processo ad altra udienza. Qualora la Presidenza del consiglio avesse attestato che l’impedimento era di tipo continuativo, il giudice, invece, avrebbe dovuto rinviare il processo ad un'udienza “successiva al periodo indicato”, che comunque non poteva essere superiore a sei mesi (art. 1, commi 3 e 4). La citata disciplina, espressamente pensata come provvisoria in vista di una “disciplina organica delle prerogative del Presidente del Consiglio dei ministri e dei Ministri” in relazione ai reati extrafunzionali, avrebbe comunque cessato la sua efficacia allo scadere di diciotto mesi dalla data della sua entrata in vigore, salvi comunque “i casi previsti dall’articolo 96 della Costituzione”.

La Corte opera una (parziale) interpretazione costituzionalmente conforme della legge n. 51/2010. Secondo il Giudice costituzionale, infatti, l'art. 1, comma 1, in virtù del richiamo all'art. 420-ter c.p.p., deve essere considerato quale mera specificazione della più volte citata disciplina processuale generale, dovendosi quindi individuare come legittimo impedimento solo l'esercizio delle attività “coessenziali alle funzioni di governo” consistenti in “un preciso e puntuale impegno”, non potendo, invece, essere evocato alcun impedimento legittimo di fronte ad “impegni politici non qualificati […] non riconducibili ad attribuzioni coessenziali alla funzione di governo”, anche se astrattamente “previste da leggi o regolamenti”.



Corte costituzionale, sentenza 4 aprile – 7 aprile 2011, n. 113

Ampliamento dei casi di revisione – In riferimento all’art. 1171 Cost.e art. 46 CEDU, constatata l'inadeguatezza dei casi di revisione tipizzati nel codice di rito, in caso di una sopravvenuta sentenza europea che dichiara la violazione di un diritto fondamentale cristallizzato nella CEDU rispetto al giudicato interno, non rientrando in alcuna delle ipotesi descritte dall'art. 630 c.p.p., la Corte Costituzionale ne ha dichiarato l'illegittimità costituzionale nella parte in cui non prevede un diverso caso di revisione della sentenza o del decreto penale di condanna al fine di conseguire la riapertura del processo e conformarsi ad una sentenza definitiva della Corte Europea. In tal modo, la Corte definisce, finalmente, il grado di resistenza del giudicato penale alla spinta esercitata dalle decisioni di matrice transnazionale.



Corte costituzionale, sentenza 6 aprile – 15 aprile 2011, n. 236

Dichiarazione di infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 2 1 e 2 della legge 14 marzo 2005, n. 41 (Disposizioni per l’attuazione della decisione 2002/187/GAI del 28 febbraio 2002 del Consiglio dell’Unione europea, che istituisce l’Eurojust per rafforzare la lotta contro le forme gravi di criminalità) sollevata in riferimento agli artt. 105 e 110 Cost.

La decisione sembra negare la natura di organo giudiziario di Eurojust; natura che la Consulta ricerca ai fini della decisione, in virtù dei caratteri strumentali dei compiti di Eurojust rispetto all’attività dell’autorità giudiziarie statali: occorre accertare se nelle funzioni attribuiti ad Eurojust e ai suoi membri siano rinvenibili quegli elementi che, nell’ordinamento costituzionale italiano, consentono di qualificare come giudiziarie e non amministrative, le funzioni esercitate dal pubblico ministero e giustificano, quindi, la previsione di garanzia di autonomia e indipendenza e cioè l’esercizio dell’azione penale e le attività ad esso preordinate.

La Corte ritiene che la decisione istitutiva di Eurojust non attribuisce alcun potere tipicamente giudiziario all’organo sovranazionale, né impone ai singoli Stati di attribuire ai loro membri nazionali ‘poteri giudiziari’ da esercitare nei rispettivi territori. Per quanto riguarda le fonti normative interne, la legge 41/05 che ha attuato la decisione del Consiglio 2002/187/GAI non ha attribuito funzioni giudiziarie né all’organo Eurojust né al membro di questo quale autorità esercitante poteri nel territorio nazionale. Escluso che Eurojust o dei membri nazionale viene meno la premessa principale su cui si fonda la censura formulata dal rimettente.


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Corte di Cassazione



TIPICITA’


Cassazione penale, Sez. I, 28 aprile 2011, dep. 1 giugno 2011 n. 22105, Tourghi

Principio di riserva di legge statale e rapporti legge italiana e direttive UE – La Corte ha affermato che l’efficacia diretta nell’ordinamento interno della direttiva rimpatri, la quale osta al trattamento penale del soggiorno irregolare dello straniero conseguente soltanto alla violazione di un ordine di allontanamento dallo Stato, comporta la disapplicazione anche della norma incriminatrice di cui all’art. 14, comma 5-quater, d.lgs. n. 286 del 1998. La Cassazione ha precisato altresì che tale disapplicazione si risolve in una sostanziale  abolitio criminis, rilevabile anche dal giudice di legittimità. 


Cassazione penale, SS. UU., sentenza 25 febbraio – 21 aprile 2010, n. 15208

Tipicità – Divieto di analogia e interpretazione estensiva - Configurabilità della corruzione in atti giudiziari nella forma susseguente. Le Sezioni Unite intervengono a dirimere il contrasto giurisprudenziale in ordine alla configurabilità del delitto di cui all’art. 319 ter c.p. nella forma susseguente, ossia quando la retribuzione è effettuata per un atto già compiuto, vale a dire dopo che una parte del processo civile, penale o amministrativo sia stata favorita o danneggiata.

Secondo un primo orientamento la corruzione in atti giudiziari è da escludere nella forma susseguente. Tale ricostruzione pone l’accento sull’inciso ‘per favorire o danneggiare una parte…’ che evidenzierebbe l’attesa di un atto funzionale ancora da compiere e per il compimento del quale il p.u. assume un impegno. In sostanza, la fattispecie si caratterizza per la ‘tensione finalistica verso un risultato’ che si rivela incompatibile con la proiezione verso il passato, rispetto ad una situazione di interesse già soddisfatto, secondo lo schema corrispondente alla corruzione susseguente. In tal modo, la remunerazione di atti pregressi resterebbe esclusa dall’area di tipicità della norma, nonostante il generico rinvio operato dalla disposizione agli artt. 318 e 319 c.p. (Cass., Sez. VI, 4 maggio 2006, n. 33435, Battistella e altri).

Opposto orientamento giurisprudenziale ritiene invece che tale esegesi dell’art. 319-ter c.p. si risolve in una interpretazione abrogatrice della norma. Quest’ultimo ritiene l’art. 319-ter c.p. compatibile con entrambi i modelli (corruzione antecedente e susseguente): sia nell’uno che nell’altro caso il p.u. contravviene ai doveri di imparzialità e terzietà. La finalità di ‘favorire o danneggiare una parte’ attiene al fatto e il dato di rilievo nell’integrazione del fatto-reato è che la promessa o la ricezione siano avvenute per un comportamento strumentale all’atto di giurisdizione da compiere o già compiuto. (Cass.,sez. VI, sentenza 18 settembre 2009, n. 36323, Drassich).

Le Sezioni Unite concordano con l’indirizzo da ultimo segnalato, a partire dal rilievo del tenore letterale della norma che richiama integralmente sia l’art. 318 che l’art. 319 c.p.: opera, cioè un rinvio puro e semplice ad ambedue le disposizioni.

http://www.avvocatoandreani.it/notizie-giuridiche/visualizza.asp?caso-mills-corruzione-in-atti-giudiziari-cassazione-sezioni-unite-penali-21-aprile-2010-15208-0b88c51c26a5a66fecf68cbdfac716b7



Cassazione penale, SS. UU., sentenza 30 dicembre – 7 dicembre 2010, n. 43428

Tipicità- soggetti attivi del reato Il liquidatore dei beni del concordato preventivo di cui all’art. 182 legge fallimentare, non può essere soggetto attivo dei reati di bancarotta di cui agli artt. 223-224, richiamati dall’art. 236/2 n. 1, in quanto non può ritenersi ricompreso in alcuno dei soggetti ivi espressamente indicati e, in particolare, tra i ‘liquidatori di società’. (vedi Cass pen., 26 maggio 2003, n. 22956 e corte cost. ordinanza 18 maggio 1989, n. 268).



Cassazione penale, sezione VI, sentenza 9 giugno – 29 settembre 2010, n. 35150

Tipicità – divieto di analogia e interpretazione estensiva - Peculato - Nel caso del sindaco di un Comune che aveva fatto fotocopiare, per fini personali, numerosi testi, distogliendo per l’esecuzione dell’incombente alcuni dei dipendenti comunali dai loro compiti istituzionali, la Corte ha ritenuto che non fosse integrato il reato di peculato nell’utilizzo arbitrario dell’attività lavorativa prestata da un pubblico dipendente, anziché a favore della p.a. da cui dipende, a beneficio privato di altro p.u., al quale il primo è legato da vincolo di subordinazione gerarchica. Le argomentazioni sono state molteplici: l’uomo che produce l’energia o forza lavoro non è una ‘cosa mobile’ e non se ne può perciò immaginare il possesso o la disponibilità da parte dell’agente. Inoltre, ai sensi dell’art. 78 della legge 1 aprile 1981 n. 121 (estesa successivamente anche al personale di polizia penitenziaria) che, prevedendo il reato di utilizzo delle prestazioni lavorative del personale dell’amministrazione della pubblica sicurezza, dimostra che il legislatore ha voluto colmare una lacuna legislativa, sia pure solo limitatamente ad un settore specifico.

La questione non è pacifica, perché’ la Cassazione, sez. VI, 7 novembre 2000, Cassetti e sez. VI del 29 marzo 1990 Del Vecchio, ritiene che può ben rientrare nel concetto di cosa mobile altrui l’energia lavorativa del pubblico dipendente.

http://www.semaforoverde.it/Default.aspx?tabid=3240&language=it-IT



Cassazione penale, sez. III, sentenza 23 settembre – 25 ottobre 2010, n. 37818,

Tipicità - tassatività – Il reato di cui all’art. 4/49 della legge 350/2003 punisce colui che dà una falsa indicazione sull’origine o la provenienza di un prodotto, senza sanzionare il comportamento di chi ometta di indicare il luogo di produzione della merce. Ciò comporta che l’imprenditore può decidere di indicare il luogo di produzione, ma non ha alcun obbligo in tal senso. L’indicazione della scritta ‘vera Pelle Italy’, se corrispondente al vero, apposta su merce prodotta all’estero non integra alcun illecito penale, dato che non costituisce una indicazione relativa al luogo di fabbricazione della merce stessa.



Cassazione penale, sezione IV, sentenza 10 giugno - 4 novembre 2010, n. 38991

Tipicità – reato colposo – reato omissivo improprio – nesso di causalità – Responsabilità del datore di lavoro per danni da esposizione alle polveri di amianto. Caso relativo ad un gravissimo incidente avvenuto quarant’anni prima, nello stabilimento ‘Montefibre’ di Verbania dove morirono 11 persone che inalarono amianto. La Corte ha statuito che, anche se le deleghe sulla sicurezza del lavoro sono affidate ad un singolo componente «tutta l’amministrazione ha una posizione di garanzia» in caso di incidenti. Nel reato colposo omissivo improprio, il rapporto di causalità tra omissione ed evento non può ritenersi sussistente sulla base del solo coefficiente di ‘probabilità statistica’, che indica il grado di frequenza con cui a un antecedente segue una conseguenza, ma deve essere verificato alla stregua di un giudizio di ‘alta probabilità logica’, che , premessa la presenza di una legge statistica, indichi nel caso concreto se con procedimento logico induttivo sia da escludere la presenza di fattori causali alternativi idonei a produrre l’evento, sicchè il rapporto di causalità è configurabile laddove si accerti che, ipotizzandosi come avvenuta l’azione che sarebbe stata doverosa ed esclusa l’interferenza di decorsi causali alternativi, l’evento , con elevato grado di credibilità razionale, non avrebbe avuto luogo ovvero avrebbe avuto luogo in epoca significativamente posteriore o con minore intensità lesiva. In questa prospettiva, la ‘certezza processuale’ ben può derivare anche dall’esistenza di coefficiente medio-bassi di probabilità statistica, quando corroborati da un positivo riscontro probatorio circa la sicura non incidenza nel caso concreto di altri fattori interagenti; mentre, per converso, anche elevati livelli di probabilità statistica o addirittura schemi interpretativi dedotti da leggi universali richiedono sempre la verifica concreta che conduca a ritenere irrilevanti spiegazioni diverse, con la conseguenza che non è comunque consentito dedurre automaticamente e proporzionalmente da coefficiente di probabilità statistica, al conferma dell’ipotesi sull’esistenza del rapporto di causalità.

In tema di reato colposo, per attribuire ad una condotta omissiva un’efficacia causale, è necessario accertare che l’agente abbia in capo a sé la c.d. ‘posizione di garanzia’, cioè che, in ragione della sua prossimità col bene da tutelare, sia titolare di poteri e obblighi che gli consentano e gli impongano di attivarsi onde evitare la lesione o messa in pericolo del bene giuridico la cui integrità egli deve garantire, giusto il disposto dell’art. 40/2. La posizione di garanzia, nel rispetto del principio di legalità, può avere una fonte normativa non necessariamente di diritto pubblico, ma anche privatistica (negoziale), anche non scritta, e può trarre anche origine da una situazione di fatto (come del resto confermato in tema di sicurezza sul lavoro, dall’art. 299 d. lgs. 81/2008 in relazione a chi pur sprovvisto di formale investitura, ‘esercita in concreto i poteri giuridici’ riferiti al datore di lavoro, al dirigente e al preposto), da un atto di volontaria determinazione, da una precedente condotta illegittima che costituisca il dovere di intervento e il corrispondente potere giuridico o di fatto che consenta al soggetto garante, attivandosi, di impedire il verificarsi dell’evento: nel senso che è necessario e sufficiente che il garante abbia il potere, con la propria condotta, di indirizzare il decorso degli eventi indirizzandoli verso uno sviluppo atto a impedire la lesione del bene giuridico da lui preso in carico, esercitando, quindi, i poteri da lui esigibili anche laddove questi non siano da soli impeditivi dell’evento.

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Cassazione penale, sezione IV, sentenza 14-27 ottobre 2010, n. 38121,

Tipicità – interpretazione estensiva. In un caso di un automobilista sottoposto all’alcool test, che risultava positivo, a causa – secondo la giustificazione addotta - dell’assunzione di farmaci fitoterapici in soluzione alcolica al 70%. In tema di contravvenzioni di guida sotto l’effetto dell’alcool, la Corte afferma che la legge non precisa circa la natura delle ‘bevande alcoliche’ la cui assunzione sia rilevante, onde il reato sarebbe ravvisabile anche quando il superamento del tasso alcolemico fosse determinato dall’assunzione di farmaci in soluzione alcolica. Né, in tal caso, il reato potrebbe essere escluso in ragione della pretesa finalità terapeutica dell’ingestione di farmaci, attesa la natura meramente colposa del reato contravvenzionale, poiché il soggetto, se e in quanto edotto della composizione alcolica del farmaco, avrebbe dovuto, comunque, astenersi dalla guida.



Cassazione penale, sezione III, sentenza 7 giugno – 4 ottobre 2011, n. 35858

Tipicità – reati tributari. Il caso attiene alla violazione dell’art. 5 del d. lgs. 74/2000, per omessa presentazione delle dichiarazioni annuali relative all’iva e dei redditi per gli anni 2001, 2002 e 2003 pur in presenza di elementi positivi di reddito.  In tema di reati finanziari e tributari, la Corte precisa che il delitto di omessa dichiarazione a fini dell'I.V.A. è configurabile anche nel caso in cui siano state emesse fatture per operazioni inesistenti, in quanto, secondo la normativa tributaria, l'imposta sul valore aggiunto è dovuta anche per tali fatture, indipendentemente dal loro effettivo incasso, con conseguente obbligo di presentare la relativa dichiarazione.

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Cassazione penale, SS. UU., sentenza 15 luglio  2010, n. 36551, Carelli

Tipicità - Bancarotta per distrazione e acquisto di azioni a nome dell’amministratore della società – Integra il delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione l’acquisto da parte dell’amministratore, con denaro della società amministrata, di titoli azionari a lui nominativamente intestati e, quindi, mai entrati nella disponibilità giuridica e di fatto della società stessa, pur essendo stati iscritti nelle scritture contabili sociali. La Corte ha esclusa che la condotta di depauperamento del patrimonio aziendale posto a garanzia delle ragioni creditorie potesse essere ravvisata nell’alienazione di titoli azionari nominativi, dovendo essere indviduata nel pregresso prelievo dal conto bancario della società amministrata della somma utilizzata per l’acquisto a titolo personale dei titoli stessi.



CAUSE DI GIUSTIFICAZIONE


Cassazione penale,  Sentenza 02/11/2011, n. 39346

Diritto di cronaca - In tema di diffamazione, la causa di giustificazione del diritto di cronaca è applicabile anche quando la notizia sia riportata con imprecisioni ed inesattezze, purchè modeste e non idonee a modificare la sostanza dell'informazione. Infatti la Corte precisa che se il giornalista incorre in modeste e marginali inesattezze, che concernano semplici modalità del fatto senza modificarne la struttura essenziale permane la verità del fatto rilevante ai fini della scriminante, anche in riferimento all’ultimo comma dell’art. 59 c.p.


Cassazione penale, sezione VI, sentenza 26 aprile –  20 maggio 2011, n. 20085

Diritto di critica -In un caso in cui l’imputato, nel corso di un’udienza davanti alla Corte di Assise ove rispondeva di gravi reati, aveva reso a verbale dichiarazioni spontanee affermando che il processo era ‘un complotto tra falsi pentiti, compresi i pubblici ministeri’, tanto che, all’esito del giudizio di merito, era stato condannato per i reati di calunnia e di oltraggio a magistrato in udienza, la Corte ha precisato che le espressioni di critica ad un provvedimento del magistrato, laddove siano immediatamente percepibili come un giudizio che investe la legittimità o opportunità del provvedimento in sé considerato e non la persona del magistrato in quanto tale, non possono integrare l’art. 343: ciò in quanto il rispetto, di cui tutti i pubblici funzionari devono essere circondati, non equivale a insindacabilità.



Cassazione penale, sez. I, sentenza 28 ottobre 2010 - 10 febbraio 2011, n. 4938

Scriminante del diritto di critica – Pubblicazione di un articolo a firma di B., che riportava le dichiarazione del vicepresidente S. e del parlamentare Sm.Ma. nei cui confronti era stato già disposto il proscioglimento per improcedibilità dell'azione penale, rese in occasione del Corteo organizzato dalla formazione politica Forza Nuova avrebbero dovuto ritenersi esercizio di funzione politica. S. aveva dichiarato che «non è tollerabile infatti che spazi politici e di espressione siano lasciati a disposizione di organizzazioni chiaramente fasciste e che sono portatori di valori quali la xenofobia, il razzismo, la violenza e l'antisemitismo». A carico del S. e di B. (articolista) era stato ipotizzato il reato di cui agli artt. 110, 595, commi 1, 2, 3 in relazione all'art. 13 l. n. 47/48, mentre a carico del M., direttore del quotidiano in cui era avvenuta la pubblicazione, era configurato il reato di cui all'art. 57 c.p. per omesso controllo sulla pubblicazione, in rapporto al reato di cui all'art. 595 c.p.

Quanto a S. (vicepresidente della provincia di Roma), il fatto risulta scriminato dal legittimo esercizio del diritto di critica politica, indipendentemente dalla corrispondenza al vero che l'organizzazione cui si era fatto riferimento avesse le caratteristiche indicate nell'imputazione.

Quanto all'articolista B., ricorrevano gli estremi dell'esimente del diritto di cronaca, essendosi egli limitato a riportare, virgolettandole, le dichiarazioni di soggetto politico, alla cui conoscenza vi era certamente un interesse pubblico.

http://www.personaedanno.it/cms/data/articoli/020380.aspx



COLPEVOLEZZA


Cassazione penale, SS. UU., sentenza 30 marzo 2010, n. 12433

La Cassazione interviene a dirimere il contrasto giurisprudenziale in merito alla configurabilità della ricettazione nella forma del dolo eventuale, in relazione al caso di acquisto di tessera via card da uno sconosciuto, all'interno di un'area di servizio .

Le Sezioni Unite ritengono che il dolo eventuale nella ricettazione richieda un atteggiamento psicologico che, pur non attingendo il livello della certezza, si colloca in un gradino immediatamente più alto di quello del mero sospetto, atteggiandosi in termini di rappresentazione da parte dell’agente della concreta possibilità della provenienza della cosa da delitto. Insomma,  lo stesso non può desumersi da semplici motivi di sospetto, né può consistere in un mero sospetto, rispetto al quale l’agente potrebbe avere un atteggiamento psicologico di disattenzione, non curanza o di mero disinteresse. Il dolo eventuale deve piuttosto atteggiarsi in termini di rappresentazione da parte dell’agente della concreta possibilità della provenienza delittuosa della cosa. Sarà pertanto necessaria una situazione fattuale di significato inequivoco, che ponga all’agente la scelta consapevole tra l’agire, accettando l’eventualità di commettere una ricettazione, e il non agire. Richiamando un criterio elaborato dalla dottrina, per descrivere il dolo eventuale, può ragionevolmente concludersi che questo, rispetto alla ricettazione è ravvisabile quando l’agente, rappresentandosi l’eventualità della provenienza delittuosa della cosa, non avrebbe agito diversamente anche se di tale provenienza avesse avuto la certezza.

http://www.studiolegalelaw.net/consulenza-legale/18261



Cassazione penale, sezione VI, sentenza 20 aprile - 5 maggio 2011, n. 17305

Imputabilità – disturbi della personalità e capacità di intendere e di volere

In un caso in cui A. N., in preda ad un particolare stato emotivo do agitazione al momento dei fatti, determinato dalla crisi di astinenza dalle sostanze stupefacenti che avrebbe inciso sulle sue condizioni intellettive e volitive, tali da compromettere la capacità di intendere e di volere rispetto ai fatti a lui ascritti di lesioni aggravate, resistenza a pubblico ufficiale e di danneggiamento aggravato, la Corte ha escluso la ravvisabilità dell’infermità mentale per disturbo della personalità a carico di chi assume sostanze stupefacenti. Perché tale stato di alterazione rilevi come disturbo di personalità integrante infermità di mente, occorre la dimostrazione che la tossicodipendenza abbia creato danni permanenti influenti sulla capacità di intendere e di volere, non essendo sufficiente l’accertamento del semplice stato di crisi di astinenza.

http://www.personaedanno.it/cms/data/articoli/021118.aspx



Cassazione penale, sezione IV, sentenza 8 giugno – 11 agosto 2010, n. 31679,

Colpa di organizzazione: responsabilità del datore di lavoro - In un caso di infortunio del lavoratore cagionato da una caduta dall’alto, ove l’addebito a carico del datore era stata formalizzata per l’omessa previsione nel piano di sicurezza dei relativi rischi e dello strumentario di sicurezza, l’installazione di un parapetto o previsione di misure alternative, come le cinture di sicurezza. La Corte ha affermato che il compito del datore di lavoro è molteplice e articolato, riguardando l’istruzione dei lavoratori sui rischi di determinati lavori, la necessità di adottare le misure di sicurezza e la predisposizione di queste misure, nel senso che, ove queste misure consistano in particolari cose o strumenti, occorre che questi strumenti siano messi a portata di mano del lavoratore. Inoltre, il datore di lavoro non deve limitarsi a informare i lavoratori sulle norme antinfortunistiche previste, ma deve attivarsi e controllare sino alla pedanteria che tali norme siano assimilate dai lavoratori nell’ordinaria prassi di lavoro, onde evitare che si verifichino imprudenze da parte dei lavoratori. Da ciò consegue che, in base al principio di equivalenza delle cause (art. 41/1 c.p.) il datore di lavoro in colpa è responsabile anche nelle ipotesi di infortuni determinati dalle imprudenze del lavoratore, potendosi ammettere l’esonero di responsabilità del datore di lavoro, ai sensi dell’art. 42/2 c.p., solo se il comportamento del lavoratore sia stato abnorme e quindi imprevedibile per il datore di lavoro: ciò che potrebbe verificarsi, una volta che il datore di lavoro abbia adempiuto alle prescrizioni di sua competenza, solo in caso di comportamento del tutto autonomo ed estraneo dalle mansioni affidate al lavoratore ovvero nel caso di comportamento rientrante nelle mansioni lavorative ma consistito in qualcosa di radicalmente, ontologicamente, lontano dalle ipotizzabili e, quindi, imprudenti scelte del lavoratore nell’esecuzione del lavoro.  Tra gli oneri che incombono sul datore di lavoro rientra anche quello di predisporre un adeguato piano di sicurezza, finalizzato alla individuazione dei rischi in relazione alle attività lavorative da svolgere, sussiste la responsabilità del datore di lavoro in caso di infortunio determinato dalla mancata previsione di un determinato rischio e dalla relativa mancata predisposizione del relativo strumentario prevenzionale, a nulla rilevando, per escludere il nesso di causalità, né l’eventuale concorrente responsabilità del preposto, né l’eventuale imprudenza del lavoratore nello svolgimento delle mansioni affidategli.



Cassazione penale, sezione IV, sentenza 28 aprile – 9 giugno 2011, n. 23292

Responsabilità per infortuni sul luogo di lavoro - In materia antinfortunistica, anche il lavoratore è onerato di obblighi prudenziali finalizzati a prevenire la verificazione dell’infortunio a danno proprio o di altri lavoratori, come si desume del resto, dal disposto dell’art. 20 d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81 che dettaglia una serie di obblighi cautelari specifici posti a carico del lavoratore, la cui violazione integra un addebito a titolo di ‘colpa specifica’, con la conseguenza che, in caso di danno alle persone, sono correttamente contestabili le fattispecie aggravate di cui agli artt. 589/2 e 590/3 c.p.



Cassazione penale, Sez. I, sentenza 2 marzo – dep. 21 luglio 2011, n. 29161

Elemento soggettivo della bancarotta fraudolenta - L'integrazione del reato di bancarotta fraudolenta documentale inoltre richiede il dolo generico, ossia la consapevolezza che la confusa tenuta della contabilità renderà o potrà rendere impossibile la ricostruzione delle vicende del patrimonio, in quanto la locuzione "in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari" connota la condotta e non la volontà dell'agente, sicché è da escludere che essa configuri il dolo specifico. 

La condotta materiale idonea a rendere assai difficili gli accertamenti degli organi fallimentari, con ostacoli superabili solo con l'uso di particolare diligenza, può consistere sia nell'omessa tenuta dei libri sociali, sia nell'irregolare tenuta di essi, in quanto la differenza tra la bancarotta fraudolenta documentale prevista dalla L. Fall., art. 216, comma 1, n. 2, e quella semplice, prevista dall'art. 217, comma secondo, stessa legge, non è ravvisabile nell'elemento oggettivo, ma solo in quello psicologico.

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CONCORSO DI PERSONE


Cassazione penale, sezione II, sentenza 23 giugno - 29 settembre 2011, n. 35344

Concorso di personeValenza agevolatrice della condotta del dirigente. Risponde per concorso nel reato di truffa aggravata ai danni di un Comune, il titolare della qualifica di direttore del settore ‘relazioni esterne’ del comune, per aver acconsentito che talune dipendenti attestassero abitualmente e falsamente la loro presenza in ufficio. Ad avviso della Corte, concorre nel reato con condotta commissiva - anzichè mediante omissione ai sensi dell'art. 40 c.p., comma 2 - il dirigente di un ufficio pubblico che non soltanto non impedisce che alcuni dipendenti pongano in essere reiterate violazioni nell'osservanza dell'orario di lavoro, aggirando in modo fraudolento il sistema computerizzato di controllo delle presenze, ma favorisca intenzionalmente tale comportamento creando segni esteriori di un atteggiamento di personale favore nei confronti dei correi, in modo tale da creare intorno ad essi un'aurea di intangibilità, disincentivare gli altri dipendenti dal presentare esposti o segnalazioni al riguardo e così affievolire, in ultima analisi, il c.d. "controllo sociale". Tale condotta del dirigente ha in sé valenza agevolatrice nella commissione del reato, anche solo per il sostegno morale e l’incoraggiamento che i dipendenti infedeli ricevono da una simile situazione di favore, senza che occorra accertare, dal punto di vista del rapporto di causalità, se il dirigente dell’ufficio avesse il potere di impedire la consumazione del reato o se avesse a tal fine contemporaneamente assunto iniziative comunque rivelatesi inefficaci.

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Cassazione penale, sezione IV, sentenza 14 luglio – dep. 20 settembre 2011, n. 4385 (ARGOMENTO OGGETTO DEL TEMA DI PENALE DEL CONCORSO DI MAGISTRATURA DELLO SCORSO GIUGNO)

Tipicità – Concorso colposo in delitto doloso. Posizione di garanzia – Nesso di causalità - Responsabilità a titolo di colpa nella commissione del delitto doloso del sottoposto – Al dirigente, titolare della posizione di garanzia ex art. 402 c.p. rispetto al sottoposto Caio, viene rimproverata la condotta negligente concretizzatasi nella mancata acquisizione di prima mano delle informazioni relative ad un episodio di lesione in danno della moglie da parte di Caio e nella omissione della trasmissione del rapporto informativo semestrale al Servizio Operativo centrale di Sanità: tali omissioni avrebbe concorso a cagionare il duplice omicidio.

E’ ammissibile il concorso colposo sia nel caso di condotte colpose indipendenti che in quello di cooperazione colposa. Accertata l’influenza causale della condotta colposa dell’agente, coorrre  dimostrare l’esistenza dei presupposti per il riconoscimento di una colpa causalmente efficiente nel verificarsi dell’evento. Il fondamento della responsabilità ex art. 412 c.p. deve essere sempre correlato non solo all’esistenza di un dovere giuridico di attivarsi per impedire che l’evento temuto si verifichi, ma anche alla presenza di una condotta colposa dotata di ruolo eziologico nella spiegazione dell’evento lesivo. In particolare, è necessario che il soggetto sia titolare di una posizione di garanzia o di un obbligo di tutela o protezione e che la regola cautelare dal medesimo inosservata sia prevedibile per l’agente. Solo se il pericolo del verificarsi di un evento dannoso è prevedibile o riconoscibile, l’agente può essere obbligato a rispettare quelle specifiche regole cautelari idonee ad evitare il prodursi del fatto dannoso. La valutazione di prevedibilità dell’evento delittuoso si evince dalla gravità delle manifestazioni di violenza che precedono l’episodio delittuoso, le quali concretamente lasciavano presagire anche lo scatenarsi della furia omicida. Stessa valutazione è formulata in riferimento all’evitabilità dell’evento: se Tizio avesse provveduto ad assolvere gli obblighi cui era tenuto, tra i quali il ritiro dell’arma, l’evento hic et nunc non si sarebbe realizzato. Risulta dimostrato che le regole cautelari violate dall’imputato erano finalizzate anche ad evitare eventi del tipo di quello prodottosi (‘c.d. concretizzazione del rischio’), con la conseguenza che sussiste la responsabilità di Tizio nella causazione dell’evento.



CONSUMAZIONE E TENTATIVO


Cassazione penale, sezione II, sentenza 10 marzo - 17 giugno 2010, n. 24437

Tentativo di estorsione. In un caso in cui il proprietario di un immobile adibito ad attività commerciale che, dietro la minaccia del mancato rinnovo del contratto di locazione, tentava di ottenere dal conduttore una somma una tantum ‘in nero’, la Corte ha ravvisato che anche la prospettazione da parte dell’agente dell’esercizio di una facoltà o di un diritto integra minaccia idonea a configurare il reato di estorsione quando l’agente tenda ad ottenere risultati non consentiti o prestazioni non dovute. In tema di estorsione, la giurisprudenza consolidata ritiene che la minaccia, ancorchè consista nella prospettazione da parte del soggetto agente dell’esercizio di una facoltà o diritto (come il mancato rinnovo del contratto di locazione) diviene contra jus se, pur non essendo antigiuridico il male prospettato, l’agente tenda ad ottenere risultati non consentiti o prestazioni non dovute, come la corresponsione di una somma imposta unilateralmente dal locatore, non dovuta e non nascente dal contratto, che lo stesso ricorrente si limita a definire somma corrisposta una tantum. Minaccia estorsiva: La connotazione di una condotta come minacciosa, indipendentemente dalla forma della minaccia e la sua idoneità ad integrare l’elemento strutturale del delitto di estorsione vanno valutate in relazione a concrete circostanze oggettive (la personalità contraffattrice dell’agente, l’ambiente in cui lo stesso opera, l’ingiustizia della pretesa), ma anche con riferimento alle particolari condizioni soggettive della vittima (Cass., sez. Vi, 26 gennaio 1999, n. 3298, Savian).

Ingiusto profitto: In sostanza, come altre volte sostenuto dalla Corte (sez. II, 4 novembre 2009, n. 119, Ferranti) anche ‘l’abuso del diritto, in quanto possibile strumento di sopraffazione dell’altrui libertà di autodeterminarsi, può integrare l’estremo della minaccia che non a caso l’art. 629, a differenza del 612 non richiede debba profilare in sé un danno ingiusto, proprio perché, ad un tempo, indebito e coartato’.



Cassazione penale, sezione IV, sentenza 17 settembre - 14 ottobre 2010, n. 36820

Manifestazione del reato – tentativo di furto. In una vicenda in cui gli imputati erano stati condannati per il reato di tentato furto in abitazione, la Corte ha ritenuto che il giudizio relativo alla ‘idoneità’ degli atti deve essere effettuato con una valutazione ex ante e in concreto, cioè tenendo conto di tutte le circostanze del caso concreto e, a tal fine, l’idoneità deve ritenersi sussistente quando l’azione in sé considerata ha capacità causale, cioè è suscettibile di produrre l’evento che poi non si verifica per le circostanze impreviste verificatesi. Il requisito della ‘univocità’ degli atti, invece, va accertato ricostruendo, sulla base delle prove disponibili, la direzione teleologica della volontà dell’agente quale emerge dalle modalità di estrinsecazione concreta della sua azione, allo scopo di verificare quale sia stato il risultato dallo stesso avuto di mira, sì da prevenire con il massimo grado di precisione possibile all’individuazione dello specifico bene giuridico aggredito e concretamente posto in pericolo.



CONCORSO DI REATI



Cassazione penale, SS.UU., sentenza 16 dicembre 2010 – 25 febbraio 2011, n. 7537

Concorso apparente di normeArtt. 316 ter e 640 c.p. L’indebita percezione dell’esenzione dal pagamento del ticket per prestazioni sanitarie e ospedaliere per mezzo di autocertificazione circa le condizione di reddito integra il delitto di indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato (316 c.p.) e non il delitto di truffa aggravata, per la mancanza dell’elemento dell’induzione in errore della pubblica amministrazione. L’art. 316 ter punisce condotte decettive non incluse nella fattispecie di truffa, caratterizzate, oltre che dal silenzio antidoveroso, da false dichiarazioni o dall’uso di atti o documenti falsi, ma nelle quali l’erogazione non discende da falsa rappresentazione dei suoi presupposti da parte dell’ente pubblico erogatore che non viene indotto in errore, perché, in realtà, si rappresenta correttamente solo l’esistenza della formale attestazione del richiedente. Sono dunque tratteggiati i contorni del concetto di conseguimento indebito di una erogazione da parte di enti pubblici come tutte quelle attività di contribuzione ascrivibili a tali enti, sia attraverso elargizione precipua di una somma di denaro, sia la concessione dell’esenzione da ticket, perché anche in questo secondo caso il richiedente ottiene un vantaggio e beneficio economico che viene posto a carico della comunità.

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Cassazione penale, SS. UU., sentenza 28 ottobre 2010, n. 1963, in proc. Di Lorenzo,

Concorso apparente di norme artt. 334 c.p. e 2134 CdS– Il quesito posto alle SS.UU. attiene alla configurabilità, nella condotta del custode del veicolo oggetto di sequestro amministrativo, ai sensi dell’art. 213 C.d.S. che circoli abusivamente con lo stesso, oltre alla violazione amministrativa prevista dall’art. 231/4 C.d.S., anche il reato di sottrazione o danneggiamento di cose sottoposte a sequestro (art. 334 c.p.).

La condotta di chi circola abusivamente con il veicolo sottoposto a sequestro amministrativo, ai sensi dell’art. 213 C.d.S., integra esclusivamente l’illecito amministrativo previsto dal quarto comma dello stesso articolo e non anche il delitto di sottrazione di cose sottoposte a sequestro di cui all’art. 334 c.p., atteso che la norma sanzionatoria amministrativa risulta speciale rispetto a quella penale, con la conseguenza che il concorso tra le stesse deve essere ritenuto solo apparente. In caso di concorso tra disposizione penale incriminatrice e disposizione amministrativa sanzionatoria in riferimento allo stesso fatto, deve trovare applicazione esclusivamente la disposizione che risulti speciale rispetto all’altro all’esito del confronto tra le rispettive fattispecie astratte.

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Cassazione penale, SS. UU., sentenza 28 ottobre 2010 – dep. 19 gennaio 2011, n. 1235

Concorso apparente di norme – principio di specialità – Il principio di specialità (art. 15 c.p.) presuppone la convergenza di norme affinchè possa essere integrato il rapporto di continenza tra le medesime, alla cui verifica deve procedersi mediante il confronto strutturale tra le fattispecie astratte configurate e la comparazione degli elementi costitutivi che concorrono a definirle. E’ configurabile un rapporto di specialità tra le fattispecie penali tributarie in materia di frode fiscale (artt. 2 e 8 D. lgs. 74/2000) e il delitto di truffa aggravata ai danni dello Stato (art. 6402, n. 1 c.p.), in quanto qualsiasi condotta fraudolenta esaurisce il proprio disvalore penale all’interno del quadro sanzionatorio delineato dalla normativa speciale, salvo che dalla condotta derivi un profitto ulteriore e diverso rispetto all’evasione fiscale, quale ottenimento di pubbliche erogazioni. La Corte ha inoltre precisato, richiamando il principio dell’assimilazione sancito dall’art. 325 TFUE che le predette fattispecie penali tributarie, repressive anche delle condotte di frode fiscale in materia di I.V.A. esauriscono la pretesa punitiva dello Stato e dell’UE, perché idonee a tutelare anche la componente comunitaria, atteso che la lesione degli interessi finanziari dell’UE si manifesta come lesiva, in via diretta e indiretta, dei medesimi interessi.

http://www.dirittoeprocesso.com/index.php?option=com_content&view=article&id=2999%3Ale-sezioni-unite-sui-rapporti-tra-truffa-e-dichiarazione-fraudolenta-cassazione-sezioni-unite-19-gennaio-2011-n1235&catid=66%3Apatrimonio&Itemid=95



Cassazione penale, sezione IV, sentenza 16 febbraio – 20 maggio 2011, n. 20105

Concorso di reati - Rapporto tra il reato di rivelazione di segreti inerenti a un procedimento penale e la rilevazione di segreti d’ufficio. Il reato di rivelazione di segreti inerenti un procedimento penale (art. 379bis) è un reato proprio, nel senso che può essere commesso solo da chi ha partecipato o assistito a un atto del procedimento ovvero da chi ha rilasciato dichiarazioni sulle quali il pubblico ministero ha esercitato il potere di segretazione di cui all’art. 391-quinquies c.p.p. Trattasi di reato che si differenzia da quello di cui all’art. 326 c.p. solo per un’estensione dell’ambito dei possibili soggetti attivi, ricomprendendovi anche soggetti sforniti di qualifiche pubbliche, mentre per quanto riguarda l’oggetto di tutela, cioè il segreto processuale, le due norme incriminatrici sono coincidenti, facendo entrambe riferimento alla nozione di segreto desumibile dall’art. 329 cpp e riguardando, quindi, solo gli atti di indagine coperti dal segreto, tali dovendosi considerare gli atti ‘fino a quando l’imputato non ne possa avere conoscenza e, comunque, non oltre la chiusura delle indagini preliminari’.

L’art. 379bis prevede due distinte ipotesi, laddove punisce l’indebita rivelazione di notizia segreta da parte di chi ha partecipato o assistito a un atto del procedimento e, la stessa condotta da parte di chi ha rilasciato dichiarazioni sulle quali il pm ha esercitato il potere di segregazione x 391quinquies. Nel secondo caso, in ragione del provvedimento di segregazione del pm, la sanzione penale colpisce qualunque comunicazione di notizia che attenga all’oggetto dell’indagine e, quindi, ai fatti inerenti all’indagine. Nel primo caso invece, il divieto di rivelazione ha ad oggetto solo l’atto di indagine in quanto tale, cui ha partecipato o assistito la persona, nonché la sua documentazione, ma anche il fatto storico oggetto dell’atto e dell’indagine di cui il soggetto abbia avuto conoscenza in precedenza, a prescindere dall’atto di indagine.



COMMISURAZIONE DELLA PENA E SANZIONI


Cassazione penale, sezione I, sentenza 15 aprile – 26 agosto 2010, n. 32324

Potere discrezionale del giudice nella commisurazione della pena e nell’applicazione delle circostanze attenuanti generiche – Ai fini dell’assolvimento dell’obbligo di motivazione in ordine al diniego della concessione delle circostanze attenuanti generiche, il giudice non è tenuto a prendere in considerazione tutti gli elementi prospettati dall’imputati, essendo sufficiente che egli spieghi e giustifichi l’uso del potere discrezionale conferitogli dalla legge con l’indicazione delle ragioni ostative alla concessione e delle circostanze ritenute a tal fine di preponderante rilievo.



Cassazione penale, SS. UU., sentenza 25 febbraio – dep. 18 giugno 2010, n. 23428

- Contravvenzione di rifiuto dei test alcoli metrici e confisca del veicolo. La confisca del veicolo prevista in caso di condanna per la contravvenzione di rifiuto di sottoporsi agli accertamento alcoli metrici, così come per quella di guida in stato di ebbrezza, non è una misura di sicurezza patrimoniale, ma una sanzione penale accessoria. Di conseguenza, la Corte ha chiarito che la misura ablativa non può essere disposta in relazione agli illeciti commessi prima della sua introduzione.

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Cassazione penale, sezione IV, sentenza 15 aprile – 6 maggio 2011, n. 17748

Concorso di reati – frode informatica. Nel caso di utilizzo di carte falsificare per l’effettuazione di indebiti prelievi di contanti attraverso i servizi di cassa continua delle banche è configurabile il solo reato di frode informatica (art. 640-ter) e non anche quello previsto dall’art. 55/9 d. lgs. 231/2007, posto che l’elemento specializzante, rappresentato dall’utilizzazione fraudolenta del sistema informatico, previsto dalla disposizione codicistica, costituisce presupposto assorbente rispetto alla generica indebita utilizzazione della carta di credito. Nella specie, la Corte ha ritenuto correttamente addebitati entrambi, perché i fatti contestati a titolo di detenzione di carte di credito falsificate erano diversi e autonomi da quelli addebitati a titolo di frode informatica. E’ ravvisabile il reato di frode informatica nella condotta di chi, attraverso l’utilizzazione di carte falsificate e la previa artificiosa captazione dei codici segreti di accesso (PIN), penetri abusivamente all’interno dei vari sistemi bancari, alterando i dati contabili, mediante ordini abusivi di operazioni bancarie di prelievo di contanti attraverso i servizi di cassa continua.

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Copyright Prof. Alessandro Bondi, Facoltà di Giurisprudenza, Università Carlo Bo, Urbino 
Quando disponibili, i link portano alla fonte. Iniziando dalle dott.ssa Chiara Bigotti si ringrazia chi ha segnalato e vorrà segnalare sentenze interessanti

Alla dottoressa Bigotti dobbiamo anche le slides sul come redigere una tesina 
COME REDIGERE UN COMMENTO A SENTENZA.ppt
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